C’è un filo rosso sangue che lega gli attentati degli ultimi anni in occidente. Cambiano i nomi degli autori ed i luoghi ma alcune costanti evidenziano una univoca volontà nell’azione jihadista. Ieri ad Aschaffenburg, in Germania, un 28enne afgano armato di coltello ha ucciso due persone tra i quali un bambino di 2 anni. L’attentatore ha preso di mira un gruppo di bambini di un asilo che si trovavano nel parco della città. Associare un simile evento alla semplice follia sarebbe irresponsabile ed imprudente. Benché tali azioni possano apparire prive di logica, si deve ricordare che solitamente chi aderisce al jihad ha già cambiato la propria scala di valori e pertanto ha normalizzato ciò che agli occhi del mondo è oggettivamente disumano. La scelta dei bambini come obiettivi, non può e non deve sembrare casuale. Nel giugno 2023 (Foto A), ad Annecy, in Francia, un 31enne siriano armato di coltello ha aggredito diversi bambini in un parco. Questo tipo di azioni hanno una assonanza evidente. Difatti, nel 2019, a seguito dell’uccisione del leader supremo dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi, è ricominciato a circolare un vecchio numero di Rumiyah in cui appaiono quelle che sembrano essere istruzioni per la rappresaglia da compiere per l’uccisione di al-Baghdadi: «Le azioni fisiche», c’è scritto, «non sono che il mezzo per raggiungere l’obiettivo spirituale e il sequestro di bambini figli di infedeli è uno di questi. Sequestrateli non per trattare un riscatto ma per ucciderli. Eseguite la vostra missione fino a quando Allah non vi chiamerà a sé. I bambini devono essere uccisi prima dell’arrivo della polizia. Non rinunciate all’operazione solo perché non avete un’arma da fuoco, poiché immensa è la ricompensa per coloro che massacrano i crociati a colpi di coltello. Basta un po’ di immaginazione e di pianificazione di base». Rumiyah, si ricorda, è una delle pubblicazioni online ufficiali dell’Isis e rientra nel contesto del Global Islamic Media Front. L’uso dell’arma bianca, inoltre, non deve stupire. A prescindere da ragioni pratiche ed oggettive (quali facilità di occultamento e di trasporto nonché quella di reperimento), l’uso delle lame e stato un segno distintivo del jihad. Nel gennaio 2023 (Foto B), ad Algeciras in Spagna, un uomo ha ucciso una persona e ne ha ferite altre quattro dopo aver fatto irruzione in due chiese. L’uomo, un marocchino di 25 anni, brandiva un machete. Già nell’agosto 2016 (Foto C), l'Isis rivendicò l'attacco col machete a Charleroi in Belgio che, attraverso la sua agenzia Amaq, definì «in risposta agli appelli a colpire i cittadini dei Paesi che appartengono alla coalizione crociata». Pochi giorni dopo, come a Charleroi, un salafita ha attaccato alcuni poliziotti in Serbia. Prima l'urlo “Allahu Akbar”, poi l'attacco col machete. Anche in quella circostanza l’attacco era stato rivendicato il giorno successivo dall’Isis tramite la sua agenzia di stampa Amaq. Sebbene la strategia del terrore abbia peculiarità comuni, molto è lasciato alla scelta dei singoli individui, i classici “attori solitari” meglio noti come “lupi solitari”, come il marocchino affiliato all’ISIS attestato ieri a Napoli. Ciò evidenzia la capillare diffusione in tutto l’Occidente dell’ideologia jihadista. Un pericolo attuale in cui nessun Paese è escluso e che ha visto nelle ultime ore l’Italia e la Germania protagoniste in modo diverso della deriva violenta e mai sopita della lunga mano nera del Jihad.